ALESSANDRO ARGENTON

Nella foto di Les Garennes:Alessandro Argenton su RIO – Saumur 1980

di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com

Il 15 dicembre nella Sala delle Armi al Foro Italico a Roma gli atleti vincitori di medaglie d’oro olimpiche tra il 1948 e il 1994 hanno ricevuto il Collare d’Oro, massima onorificenza sportiva concessa dal Coni. Tra questi anche i cavalieri azzurri protagonisti in completo della vittoria a squadre a Tokyo 1964 (Alessandro Argenton, Mauro Checcoli, Giuseppe Ravano, Paolo Angioni) e individuale a Mosca 1980 (Federico Roman).

Poche tra le cose che succedono con gli uomini e con i cavalli sono state più spettacolari del vedere Alessandro Argenton galoppare in cross. Certo, uno spettacolo: ma anche una sorpresa. Era sorprendente assistere a una cosa del genere: insomma, prendete un buon cavaliere, mettetelo su un cavallo, guardateli galoppare… uno si aspetta che succeda sempre la stessa cosa, no? No: Sandro Argenton faceva qualcosa di diverso. Qualcosa che lo spettatore non si sarebbe mai potuto immaginare, prima. Una cosa anche piuttosto complicata da raccontare: Sandro faceva delle cose molto difficili – ma molto difficili – con una facilità irrisoria. Affrontava ostacoli e percorsi con un ritmo che allo spettatore poteva sembrare perfino eccessivo e dunque pericoloso, ma il galoppo che lui faceva nascere nei suoi cavalli era non tanto un’andatura bensì un sistema per annullare qualunque difficoltà. Il paradosso (chiamiamolo così) stava proprio in questo: la difficoltà che per chiunque nasceva dal dover affrontare al galoppo certe situazioni nel caso di Sandro veniva azzerata proprio grazie al fatto di dover affrontare al galoppo quelle stesse situazioni. Ecco, questo. Quello che per la maggioranza degli esseri umani cavalieri veniva reso difficile dal galoppo, per Sandro dal galoppo veniva reso facile. Sandro Argenton sembrava nato per stare su di un cavallo, ma su di un cavallo al galoppo. Questione di eredità genetica? Probabile. Il generale Mario Argenton, padre dei fratelli Alessandro e Ruggero, è stato uno straordinario vincitore sia di corse in piano sia in ostacoli con un record di 170 primi posti, oltre che eroe (eroe vero) sia in guerra sia nella fase di liberazione dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Sandro (parentesi: non si può che chiamarlo così, anzi per la precisione Sandroàrgenton, quasi un marchio di fabbrica di un prodotto di altissimo livello… tutti nel mondo dell’equitazione l’hanno chiamato Sandro e mai Alessandro, anzi Sandroàrgenton, nonostante le regole di pronuncia della parlata veneta impongano l’accento sulla penultima ‘o’; che poi a ben vedere Sandro è nato – l’11 febbraio del 1937 – a Cividale del Friuli… ), dicevamo, Sandro ha poi fatto addirittura meglio di suo padre in ippodromo, anche grazie al fatto di potersi dedicare ai cavalli con maggiore frequenza e continuità: partendo dal 1952 il suo è un bottino personale di più di trecento vittorie! Per Sandro nasce tutto da lì: dal galoppo in piano o su ostacoli, ma in pista. Prima a Torino, dove suo padre viene trasferito – ormai civile – come agente Agip per la provincia del capoluogo piemontese: è lì che Sandro comincia a montare a cavallo. Poi a Roma alla mitica Società Ippica Romana dove come istruttore Sandro incontra il celebre colonnello Chiantia e dove comincia la sua attività anche in salto ostacoli montando in concorsi di alto livello (due volte si trova in predicato di partecipare all’internazionale di Piazza di Siena, ma in entrambe le occasioni perde il cavallo all’immediata vigilia: la seconda volta – 1959 – si tratta del celebre The Scholar, che viene affidato ad Antonio Oppes con il quale comporrà la squadra azzurra medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Roma 1960). Il destino impone una svolta determinante alla vita del Sandro Argenton cavaliere nel 1959, quando Tommaso Lequio lo recluta tra le fila della squadra di completo, della quale allora lui era il coordinatore. Lequio fa un ragionamento semplice: Sandro è eccellente in corsa e in cross, eccellente in salto ostacoli, basta solo affinarlo un po’ nel lavoro in rettangolo ed ecco un ottimo completista fatto e finito. Lequio però fece un errore di valutazione: Sandro non divenne un ottimo completista, Sandro divenne uno straordinario completista… ! Nonostante il lavoro in rettangolo non gli sia mai andato giù del tutto. Dirà di lui infatti il generale Lucio Manzin, altro formidabile uomo di cavalli, a lungo tecnico nazionale della squadra di completo: «Sandro è un cavaliere eccezionale, grandissimo, quello che ha inventato Caprilli lui lo ha sempre avuto dentro naturalmente, vederlo galoppare in cross è un piacere sublime. Ha un solo difetto: non gli piace lavorare in rettangolo. Dovevo sempre raccomandargli di non avere fretta, perché lui entrava, salutava la giuria e poi iniziava a lavorare come se non vedesse l’ora di andarsene da lì».

Sandro Argenton è oggi una vera e propria leggenda del completo azzurro. La medaglia d’oro olimpica a squadre di Tokyo 1964 (assieme a Giuseppe Ravano, Paolo Angioni e Mauro Checcoli… che cavalieri!) e quella individuale d’argento a Monaco 1972 su Woodland, un cavallo di proprietà di Maria Sole Agnelli («quando lo vidi per la prima volta mi sembrò talmente piccolo che dichiarai che non sarebbe mai stato un saltatore: e non ho mai detto una bestialità più grossa… !») su un totale di cinque partecipazioni ai Giochi a cinque cerchi fanno di lui un’icona dello sport azzurro. Successi grandiosi, e poi tante vittorie, certo: tuttavia la cosa più impressionante del Sandro Argenton cavaliere rimane ancor oggi quella. Quel suo galoppo straordinario. Un vero e proprio spettacolo. Un galoppo che non ha mai avuto confini nel tempo e nello spazio.

 

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