ANNA CAVALLARO
di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com
Anna Cavallaro, nata nel 1986 a Belfiore in provincia di Verona (dove tuttora risiede), è l’unico atleta azzurro che possa dire di aver vinto una Coppa del Mondo nella storia dello sport equestre: è accaduto nel volteggio individuale femminile a Braunschweig (Germania) il 17 marzo 2013. Poi in agosto in Austria, a Ebreichsdorf, ha conquistato la medaglia d’argento individuale nel Campionato d’Europa. Tra questi due successi c’è stata la sua molto suggestiva esibizione in Piazza di Siena durante lo Csio di Roma in maggio. Anna Cavallaro è oggi una fuoriclasse internazionale: e tutto il mondo ce la invidia…
Ma lo sa che la sua esibizione a Piazza di Siena è stata un vero e proprio spettacolo favoloso, e che parecchia gente si è emozionata fino quasi allacommozione?
«Beh, se devo essere sincera mi sono emozionata molto anche io… Quel campo di per sé mette soggezione, poi tutta quella gente… È stato veramente bello, molto bello, per noi è stato l’ingresso in un mondo nuovo: e forse anche per il pubblico di Piazza di Siena è stata una cosa nuova. Importante per me, ma direi più ancora per la nostra specialità: portare il volteggio dentro Piazza di Siena è stato un bel messaggio».
Come è cominciata la sua storia di volteggiatrice?
«È iniziata piuttosto tardi, verso gli undici anni, quando chi vuole fare volteggio è già piuttosto grandicello. Ma a tre anni e mezzo avevo cominciato con la ginnastica artistica, quindi in realtà ho dovuto solo prendere la parte del cavallo e mescolarla al resto, diciamo così».
Sì, ma perché è arrivata ai cavalli?
«Perché una mia compagna di ginnastica me ne aveva parlato dicendomi che secondo lei a me sarebbe molto piaciuto. Così un giorno sono andata nel maneggio di Nelson Vidoni e… eccoci qua».
Beh, un po’ sintetica come ricostruzione…
«Ma no, niente di speciale… Comunque un sabato sono andata lì, nel maneggio di Nelson a San Bonifacio. Lui stava lavorando con altri bambini, mi ha fatto montare, mi ha chiesto di fare una certa serie di esercizi e poi mi ha detto che se avessi voluto il sabato successivo avremmo potuto ripetere la cosa. Il sabato successivo io sono tornata e… non me ne sono più andata!».
Quindi poi lei ha anche imparato a montare a cavallo in modo…
«Con sella, testiera e un paio di staffe vuol dire?».
Sì, esatto.
«Ma così è troppo facile, su… ».
No, dica sul serio…
«Sì, scherzo. Comunque sì, adesso so anche montare. Anche perché lavoro con la riabilitazione equestre e quindi devo saperlo fare. In principio no, naturalmente: le prime volte io mi sono trovata di fronte a un cavallo preparato e vestito per il volteggio e volteggio ho cominciato a fare».
Senta, una domanda forse un po’ rozza ma che molta gente tra i non addetti ai lavori di certo si pone: al di là della sua classificazione formale, il volteggio è uno sport equestre o no?
«Certo che lo è! Soprattutto in gare di un certo livello al cavallo spetta gran parte del lavoro e di conseguenza riceve gran parte dell’attenzione della giuria e dunque del punteggio. Quindi è cento per cento sport equestre, assolutamente. È poi chiaro che la bravura dell’atleta ha la sua importanza, ma alla fin fine l’obiettivo principale è quello di far funzionare al meglio il trinomio composto da atleta, cavallo e longeur».
L’importanza dell’atleta è evidente anche agli occhi del profano, ma quella del cavallo e del longeur in cosa consiste principalmente?
«Beh, il cavallo deve essere da volteggio: deve saper accettare tutto il movimento che viene prodotto sopra di lui, deve avere un ritmo molto cadenzato e regolare nell’andatura, deve saper mantenere il circolo con la longia sempre tesa. E questo naturalmente chiama in causa il ruolo e l’importanza del longeur: senza intesa tra i due non si combina niente. Il longeur deve conoscere perfettamente cavallo e atleta, e saper lavorare sui loro punti deboli sia in allenamento sia in gara».
Che tipo di lavoro svolge un cavallo da volteggio?
«Molto con la doppia longia, cioè quella che lo ‘abbraccia’ esternamente, oltre a quella interna. È con la doppia longia che si fa capire al cavallo l’importanza della riunione e della direzione nel circolo».
Viene anche montato?
«Sì, certo. Anche perché è importante lavorarlo anche a mano destra, visto che in volteggio si fa tutto a mano sinistra: l’equilibrio ideale il cavallo lo raggiunge quando il suo grado di lavoro è identico a entrambe le mani. Noi spesso facciamo rilassamento e defaticamento anche a mano destra».
E che tipo di lavoro in piano si fa montandolo?
«Esercizi sulle barriere a terra per migliorare impulso e ritmo. E poi movimenti laterali, appoggiate, spalla in dentro… ».
Invece il longeur? Quale è il suo ruolo durante l’esecuzione di un esercizio in gara?
«Beh, dai suoi comandi dipendono movimento e comportamento del cavallo: basterebbe questo per spiegare tutto».
Quindi è possibile che il longeur intervenga per variare il ritmo e la cadenza del cavallo se si rende conto che l’atleta sta avendo qualche difficoltà?
«Sì, può farlo, ma teniamo conto del fatto che la regolarità del galoppo del cavallo è uno degli aspetti che la giuria tiene in gran conto. Quindi, detta in poche parole, non conviene: magari si salva la difficoltà dell’atleta per poi essere maggiormente penalizzati sul movimento del cavallo».
Lei dunque ha cominciato a undici anni, nel 1997. Ma come ha fatto a diventare… così brava?
«(Risata). Eh… bella domanda! Sicuramente c’è stato tanto lavoro e allenamento alla base, anche a cavallo finto. Noi abbiamo un lavoro di preparazione molto diversificato: c’è la parte a cavallo finto, c’è la preparazione atletica in palestra, la parte di resistenza, e solo quando questo quadro è completo si passa al cavallo vero. Anche per risparmiare lui, ovviamente».
Sì, però non può bastare solo la quantità di allenamento: perché allora chiunque potrebbe essere bravo quanto lei…
«Eh… mah… diciamo che ci sono alcune doti naturali anche: io mi ritengo molto fortunata perché ho un giusto equilibrio tra forza e mobilità articolare, prerogative che a me non sono mai mancate. Ma è un dono di natura, più che altro… Poi con il passare del tempo siamo riusciti ad acquisire la tecnica corretta sia nell’obbligatorio sia nel libero, passando da quello che a me piaceva di più , cioè l’obbligatorio, a una buona crescita e miglioramento anche nel libero. Nella parte un po’ più artistica del tutto, ecco».
La creazione del programma libero avviene in collaborazione con Nelson Vidoni?
«Noi facciamo assolutamente tutto insieme: scelta degli esercizi, scelta della musica, scelta della tutina… tutto. Oggi poi la tendenza delle giurie è quella di valorizzare molto la parte artistica del programma, pur senza trascurare quella tecnica ovviamente. Quindi è importantissimo curare fin nel minimo dettaglio anche l’aspetto creativo».
Ma anche la tutina ha questa grande importanza?
«Certo! Deve presentarsi in armonia con il tema musicale. Per esempio io utilizzando “Con Te Partirò” di Andrea Bocelli indosso una tutina molto elegante in bianco e bordeaux, colori che si adattano perfettamente al brano musicale e alle immagini che offre. Oppure capita che si utilizzi la colonna sonora di un film e allora la tutina vada a richiamare le caratteristiche di qualche personaggio di quel film. Oppure ancora musical: per esempio la squadra italiana in gara nel Campionato d’Europa di quest’anno a Ebreichsdorf ha presentato il musical “Cats” e gli atleti indossavano le tutine e il trucco ispirati ai gatti».
Quindi lei ha un guardaroba smisurato…
«Eh, diciamo che almeno ogni anno quando si cambia il tema musicale bisognerebbe avere una tutina nuova, ma non è cosa semplice… »
Dunque c’è chi ve le realizza appositamente.
«Sì, abbiamo una sarta che ce le fa su misura. Noi disegniamo e proponiamo i colori, ne parliamo con lei, ne discutiamo, poi lei le realizza».
Nel programma libero voi siete per l’appunto liberi di inventare e proporre qualunque figura ed esercizio, oppure gli esercizi sono preordinati ma la loro successione è libera, un po’ come avviene nel Freestyle in dressage?
«Possiamo inventare e proporre qualunque cosa, non esiste alcuna restrizione se non quella di svolgere il nostro programma entro un minuto di tempo».
Ma può esserci anche invenzione immediata, improvvisazione? Cioè nel momento in cui state eseguendo l’esercizio?
«Sì, certo. I giudici non conoscono il nostro programma, quindi possiamo improvvisare se durante lo svolgimento ci accorgiamo che qualcosa non funziona a dovere oppure se ci viene in mente un’idea particolare. Però è ovvio che su quel programma libero noi abbiamo lavorato a lungo a casa, quindi si cerca sempre di valorizzare al massimo e al meglio ciò su cui si è più preparati».
Vincere la finale della Coppa del Mondo sarà stata una bella soddisfazione…
«Eccome! Anche perché ci eravamo andati molto vicino altre due volte, senza però riuscirci. Questo risultato è un sogno che si realizza. Siamo comunque partiti molto bene, vincendo tutte e tre le gare di qualifica a Salisburgo, Monaco e Lipsia, quindi ci siamo presentati a Braunschweig con le carte in piena regola per aspirare alla vittoria. Però ogni gara fa storia a sé, non è detto che vincere prima voglia dire automaticamente vincere dopo… ».
È stato il risultato più soddisfacente della sua vita sportiva?
«Direi di sì. Ma anche il Campionato d’Europa in Austria mi ha dato molta gioia con una medaglia d’argento che solo per pochissimi punti non è stata d’oro».
Il successo mondiale ed europeo ha cambiato qualcosa nella sua vita di atleta?
«A essere sincera noi tutti speravamo tanto che questi risultati facessero arrivare qualche sponsor… ma no, niente da fare, non è arrivato nessuno e quindi da questo punto di vista non è cambiato nulla: siamo sempre alla disperata ricerca di sostenitori. Per il resto… beh, sì, qualcosa è cambiato: mi accorgo che i più giovani mi prendono come modello, c’è chi mi chiede l’autografo… ».
Domanda un po’ volgare: ma da un punto di vista economico come vi gestite?
«Abbiamo una quota mensile da pagare per il mantenimento dei cavalli e per gli allenamenti, e poi il costo delle trasferte… tutto a nostro carico, naturalmente».
Cioè un… bagno di sangue, praticamente.
«Esatto. Abbiamo un aiuto per quanto riguarda alcuni prodotti alimentari per i cavalli da parte della Crm. Una volta, per una trasferta, ci è venuto in aiuto Carlo Mascheroni (titolare di un grande negozio di articoli per il cavallo e per lo sport equestre in Lombardia, oltre che campione di attacchi nel tiro a quattro, n.d.r.), ma è stato un episodio isolato, purtroppo. Adesso speriamo che qualcuno possa darci una mano per la nuova stagione di Coppa del Mondo: tre trasferte più la finale sono un programma molto oneroso».
Quindi essere campioni non è sufficiente: bisogna essere anche molto determinati per riuscire a far quadrare il tutto. Ma lei che persona è: timida, aggressiva, fredda, emotiva…
«Diciamo che nella vita quotidiana io sono piuttosto introversa ma in gara cambio, mi trasformo, divento molto aggressiva, cerco sempre di spingermi al massimo e al meglio. Combatto, insomma».
Ma nella vita quotidiana lei non si dedica solo al volteggio.
«No, infatti. Io lavoro nel centro di Nelson Vidoni: seguo la riabilitazione equestre. Ho anche qualche piccolo diversivo: alcune signore del paese alle quali faccio fare ginnastica, dal momento che io sono laureata Isef in Scienze Motorie. Ho anche seguito alcuni gruppi di bambini che giocavano a calcio in squadre locali, ma adesso ho smesso perché non ce la faccio a fare tutto».
Mariti? Fidanzati?
«Mariti no. Fidanzati sì, uno… Ovviamente non siamo ancora sposati e direi che aspettiamo».
Lui segue la sua attività?
«Sì, si interessa molto, mi consiglia sulla scelta della musica, della tutina, viene a vedere le mie gare; non però quando ci si sposta all’estero, perché anche lui è impegnato nello sport, fa l’allenatore di calcio per i ragazzi».
Progetti per l’immediato futuro, sportivamente parlando?
«Come ho detto, la stagione di Coppa del Mondo. Parto come detentrice del titolo. Se trovassimo qualcuno che fosse disponibile a darci una mano… beh, sarebbe meraviglioso!».