BILLO TIBALDO, LA FORZA DELLA PASSIONE

di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com

2019.05.15 – Al termine del percorso della gara del secondo giorno, proprio sull’ultimo ostacolo, la situazione è sembrata ormai compromessa: sì, proprio sull’ultimo ostacolo… Addio a speranze di alta classifica, quindi: il Campionato d’Italia Ambassador pareva ormai andato. Pareva… sembrava… appariva…
«Mai mollare, mai, mai, mai: fino alla fine bisogna crederci. Anche se… devo essere sincero, mi ero un po’ demoralizzato e francamente non pensavo che sarebbe stato possibile recuperare posizioni in classifica».

Invece…
«Invece nella terza prova è andato tutto bene a me, qualcosa meno bene a qualche avversario e così pian piano sono risalito fino a conquistare la medaglia di bronzo. Mi sono divertito tantissimo: quando le cose vanno così è davvero un piacere… Poi di concorrenti ce n’erano parecchi, c’era da combattere veramente, e tutto sommato, a parte il problema su quell’ultimo ostacolo, non ho montato proprio male male male… ».

Il pianeta Ambassador si sta popolando sempre di più, in effetti…
«Il concetto Ambassador mi piace. Secondo me è giusto che la Fise investa qualcosa in questo settore perché alla fine noi vecchiotti siamo grandi appassionati e quindi cerchiamo di darci da fare: va bene la grande equitazione e i grandi concorsi, ma tutto il meccanismo viene sostenuto da noi amatori… I numeri stanno aumentando, è vero, poi secondo me c’è bisogno di persone che abbiano la capacità di coinvolgere, di farci sentire utili per qualcosa che non sia solo pagare… L’importante è saper creare coinvolgimento, per noi è importante soprattutto questo».

Non è la prima volta che lei ottiene un bel risultato in questo Campionato d’Italia.
«Sì, infatti: due anni fa sono stato medaglia d’argento. Quindi prima l’argento, adesso il bronzo, me ne manca una… ».

Gli avversari sono avvisati allora!
«Avvisati, sì! Poi, scherzi a parte, il mio è un cavallo fantastico davvero, bravissimo, è un fenomeno… ».

Sì, però alt, facciamo un po’ di passi indietro. Innanzi tutto lei si chiama Gabriele ma nessuno la chiama così: lei è Billo per tutti. Da dove arriva questo soprannome?
«Quando da piccoli io e il mio fratello più grande guardavamo la televisione vedevamo sempre la pubblicità del Crodino che, come spesso accadeva allora, era fatta con una storiella di cartoni animati: i protagonisti di questa pubblicità si chiamavano Billo e Tappo, e noi due abbiamo cominciato a chiamarci così, Billo e Tappo».

Anni Sessanta, quindi.
«Sì, io sono nato il 18 gennaio del 1958… ».

E ai cavalli come ci è arrivato?
«È una passione che ho sempre avuto fin da bambino senza una ragione particolare: così, semplicemente perché mi piacevano tantissimo i cavalli, anche se in famiglia non ci si poteva certo permettere di averne uno. Inoltre abitavo in un paesino in cui l’equitazione nemmeno si sapeva cosa fosse, Giacciano con Baruchella, nella provincia di Rovigo. Poi io ho studiato per diventare perito agrario: quando la scuola ci portava alla fiera agricola di Verona tutti i miei compagni se ne andavano in giro a guardare i trattori, le macchine, le cose… io invece mi piazzavo davanti al recinto dei cavalli e me ne stavo là tutto il tempo, a guardarli».

Proprio una fascinazione…
«Sì, davvero. Mi ricordo che una volta quando ero già più grande, avrò avuto 19 anni ed ero già sposato… insomma, ricordo che un giorno che ero in bicicletta per strada ho visto passare un uomo a cavallo, un uomo vestito in modo molto elegante, stivali, giacca, cap, sembrava un personaggio uscito da una scena di caccia alla volpe… beh, io mi sono messo a seguirlo, pedalando in bicicletta, solo per poter guardare il più a lungo possibile quel cavallo… ».

Sì, ma poi avrà pur smesso di guardare per passare alle vie di fatto…
«Sì, certo, quando grazie al mio lavoro ho potuto permettermi di comperare un cavallo non mi è sembrato vero. L’ho comperato in società con alcuni amici, facevo le passeggiate, poi ho iniziato a fare i primi saltini, quindi in realtà ho cominciato in età piuttosto avanzata. Sarà forse per questo, per il senso del tempo perduto, che ho sempre avuto una voglia fortissima di imparare tutto quello che mi sarebbe stato possibile».

Non sarà stato facile da autodidatta.
«Infatti a un certo punto abbiamo deciso di andare a farci seguire da Gianni Pederzoli, nella cui scuderia c’era anche Gianni Govoni, naturalmente ragazzino, giovanissimo. Pederzoli stava a Renazzo, in Emilia Romagna, a circa un centinaio di chilometri da casa mia. Ci andavamo due o tre volte alla settimana: facevamo lezione, poi stavamo un po’ con i suoi genitori, tagliavamo il salame, facevamo delle grandi risate e poi ce ne tornavamo a casa».

Montare a cavallo seguito da qualcuno le avrà aperto nuovi orizzonti, probabilmente.
«Sì, certamente. Ho cominciato a interessarmi moltissimo anche degli aspetti teorici del nostro sport, mi è venuta la passione del voler capire il perché delle cose: così pian piano ho fatto tutti i corsi possibili e immaginabili, quello da giudice, da steward, da istruttore… tutto, solo per la voglia di capire e di imparare. E poi sono diventato un po’ più vecchio, ma continuo a montare. Si sa che quando si invecchia le cose non vengono più con la facilità di quando si era giovani, ma non smetto di avere voglia di imparare, mi piace mettermi in discussione di continuo. Se io riuscissi a mettere in pratica tutto quello che so in teoria sarei un campione fenomenale… !».

Adesso la sua base per montare a cavallo dove si trova?
«A Masi, in provincia di Padova, il Circolo Ippico Pegaso, un circolo piccolino ma molto funzionale. Perfetto per me».

È seguito da qualcuno o continua a fare le cose in autonomia?
«No, ho un trainer fantastico che è Paolo Del Favero. E poi ho un cavallo stratosferico che è Camiro Z».

Come è arrivato a lui?
«È successo tre anni fa. Mi chiama Gianni Govoni e mi dice: Billo, ho il cavallo per te. Sono andato da Gianni, ho fatto due salti e… magnifico, un cavallo eccezionale!».

La sua passione è stata contagiosa: anche sua moglie Fabrizia e sua figlia Linda sono diventate… donne di cavalli!
«Beh, Fabrizia a un certo punto mi ha detto: insomma, non sei mai a casa, non stiamo mai insieme, se comincio a frequentare anche io il mondo dei cavalli almeno ci vediamo un po’ di più… ! Lei è una che o tutto o niente: e così si è impegnata al massimo e ha fatto una carriera bellissima come steward. Linda… beh, lei è proprio cresciuta in mezzo ai cavalli con me… ».

Quindi adesso l’obiettivo per il futuro è… quella medaglia che manca?
«Eh, sarebbe bello… sì, ma non scherziamo: a parole siamo tutti bravi, ma poi è il campo che dice la sua. Perché questo è uno sport che insegna a non mollare mai: tanta gente che chiacchiera sta a piedi, noi invece alla nostra età siamo ancora in sella!».

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