CLARA CAMPESE: LE PRIME PAROLE DA PRESIDENTE

clara

di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com

Padova, 28 novembre 2016, hotel Piroga: l’assemblea elettiva per il rinnovo delle cariche del comitato regionale veneto della Fise ha eletto alla presidenza Clara Campese, la quale dunque succede nel ruolo a Maria Vittoria Valle con un risultato di 519 voti contro 372. Alle 10.10 di martedì 29 novembre, il telefono della neopresidente finalmente è libero, dopo aver vissuto ininterrottamente ore roventi dal momento della conferma dello scrutinio.


Signora Campese, come si sente questa mattina?
«Sono molto felice, felicissima. Sento di aver ricevuto una bellissima responsabilità che intendo assumermi con serenità e consapevolezza. Sono molto motivata e piena di entusiasmo».


Si aspettava una vittoria in queste proporzioni?
«Il consenso lo avevo: questo lo sapevo, lo sentivo da tempo. Però è inevitabile che il dubbio… insomma, la certezza assoluta non può mai essercisoprattutto perché le persone sono suscettibili di cambi di umore, di imprevisti anche dell’ultimo momento… quindi sono sempre stata molto prudente nelle mie valutazionie aspettative. Del resto io ho sempre fatto del mio meglio per trasmettere fiducia alle persone, dando loro un segno di serietà: non ho mai chiesto a nessuno di dirmi se potevo contare sul suo sostegno o meno. Io sono andata avanti seminando: e alla fine ho raccolto».


Quando è nata l’idea di proporsi alla presidenza del comitato?
«Ho fatto otto anni nel consiglio regionale: i primi quattro con la presidenza di Raimondo Galuppo, gli ultimi quattro con la presidenza di Maria Vittoria Valle. In particolar modo durante quest’ultimo mandato mi è nata questa idea prima come un desiderio, e poi quasi come il senso di un dovere di cui assumermi la responsabilità. Io sono una persona di cavalli, sono dentro questo mondo da anni e anni: nel corso della mia esperienza all’interno del consiglio mi sono resa conto che si sarebbe potuto fare di più e che quello che mancava era proprio la competenza specifica, la conoscenza delle dinamiche e dei problemi di questo ambiente. E io, che dentro questo ambiente ci sono da tantissimo tempo, mi sono detta che posso farlo, che ho il tempo per farlo, la possibilità di farlo e soprattutto la voglia di farlo. Dunque mi sono messa in gioco».


Il rapporto con le persone quindi è stato fondamentale, a suo modo di vedere?
«Di certo mi ha spinto molto il legame e il dialogo aperto che io ho sempre avuto con tutti sul territorio, e quindi mi sono detta che se riusciamo a creare una collettività in cui regni l’armonia in senso lato, in cui ci siano degli obiettivi condivisi, questa regione può fare grandissimi passi in avanti».


Forse è un po’ prematuro parlarne, ma quali sono i punti fondamentali su cui ritiene di dover intervenire?
«Quelli che ho già ampiamente illustrato in occasione dei tre incontri di presentazione del mio programma. Sono argomenti molto complessi e articolati, direi che qui mi limito a esporne il contenuto per sommi capi. Prima di tutto i circoli: io vedo il comitato regionale come un centro che offre servizi, supporto e assistenza ai circoli. Nel corso delle mie visite ai centri ippici della regione mi sono resa conto di vari aspetti di cui ero già ben consapevole ma nei quali poi sono entrata ancora più in profondità; in realtà non bisogna essere più o meno bravi: basta saper ascoltare e dare ciò di cui c’è bisogno. Il secondo punto riguarda l’attività sportiva: siccome la maggior parte dei tesserati sono amatori, la cosa importante è dare spazio a questa fascia di utenti, offrendo loro gli strumenti affinché restino fidelizzati nei circoli ippici, diversamente si perdono. Non tutti sono focalizzati sull’attività agonistica di massimo livello: qui c’è proprio una lacuna, questa fascia di utenti non è coinvolta, non gli si dà spazio, non gli si dà risalto. Terzo punto: la previsione di uno strumento molto importante per la crescita dei giovani che si chiama Talent Team; detto in due parole si tratta di un programma di formazione biennale in cui il comitato dovrà dare una sorta di supporto e sostegno, non solo tecnico, dove sia possibile; l’idea sarebbe quella di far emergere anche i valori di chi ha talento ma meno possibilità. Infine la formazione: bisognerebbe cercare di incrementare il livello culturale, con una serie di strumenti da mettere in atto e soprattutto con il confronto diretto… perché nel nostro mondo la tendenza è quella di rimanere chiusi dentro il proprio sapere e quando c’è da confrontarsi ognuno pensa di essere depositario della verità, invece bisogna aprirsi, dire, ascoltare, apprendere, migliorare, rendersi conto… Organizzeremo una serie di corsi che possano aprire un po’ la mente e dare almeno delle opportunità di riflessione al di fuori degli schemi tradizionali».


Quale sarà il primo atto formale?
«Beh, direi nominare i gruppi di lavoro. Che saranno articolati in parte sullo schema già esistente, però con l’istituzione di alcune figure che faranno da collegamento e coordinamento tra le discipline che hanno elementi in comune… Ho notato nella mia esperienza di questi otto anni che c’è solo una comunicazione in verticale, invece manca o per lo meno è lacunosa quella trasversale. E questo provoca dispersione di tempo, energie e risorse. Queste personedi collegamento, che chiameremo delegati o commissari o in qualche altro modo, avranno il compito anche di vigilare sull’operato del dipartimento perché non dimentichiamo che i dipartimenti devono produrre: in mancanza di questa produzione le conseguenze si ripercuotono sia sulla programmazione sia sull’attività stessa. Diciamo che noi abbiamo avuto alcuni dipartimenti molto produttivi, altri meno. In secondo luogo solleciterò Roma per la questione dei calendari: il calendario va stilato al più presto, gli istruttori e le famiglie devono avere il tempo e i mezzi per organizzarsi. Mi piacerebbe una maggiore tempestività nel dare le informazioni e nel programmare le attività. Poi una cosa importantissima che intendo fare, e che ho detto molto chiaramente nei miei incontri, è verificare a medio termine l’andamento del lavoro: si lavorerà per progetti, ogni dipartimento avrà tutti i suoi progetti, ma bisogna verificare in corso d’opera se si sta andando nella direzione giusta e se tutto funziona al meglio, altrimenti si rischia di arrivare a fine anno senza sapere se il progetto è stato portato a termine e soprattutto che riscontro ha avuto. Se non si analizzano i dati e se non li si verifica strada facendo… beh, ci possono essere tutte le migliori intenzioni del mondo ma… ».


Il consiglio quando comincerà a lavorare?
«Vorrei organizzare la prima riunione ufficiale al massimo entro i prossimi quindici giorni. Naturalmente nel frattempo io incontrerò tutti i consiglieri e cominceremo a discutere del nostro lavoro. Una cosa è certa: non vedo l’ora di cominciare!
».

 

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