CORONAVIRUS: ADDIO A ETTORE NICOLE’, UNA VITA TRA I CAVALLI
di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com
2020.03.16 – Chiunque abbia frequentato la Scuola Padovana di Equitazione a Padova in un qualunque periodo compreso tra i primi anni Sessanta e la fine dei Novanta lo ricorderà con vivida chiarezza. Ettore Nicolè era un uomo che non poteva non colpire, perché caratterizzato da alcune particolarità assolutamente peculiari. Alcune certamente un po’ buffe: le orecchie a sventola, per esempio. Oppure il berrettino da ‘lavoro’ che non si toglieva mai per nessuna ragione al mondo, né d’estate né d’inverno, tanto che le rarissime volte in cui lo faceva si rimaneva sorpresi dalla insospettabile massa di capelli imbrillantinati e pettinati sempre all’indietro che si nascondeva lì sotto. L’abbigliamento, anche: tutti gli uomini di scuderia della Spe indossavano un camice, lui invece il camice non l’ha mai messo nemmeno una volta: pantaloni da lavoro blu e giacca da lavoro di identico colore, d’inverno, mentre d’estate una camicia a quadrettini. Poi l’andatura: Ettore camminava molleggiando sull’articolazione delle ginocchia… qualunque fosse la ragione di quel modo di muoversi – dolori, anchilosamento, chissà… – quella era comunque la sua andatura; non aveva variazioni di ritmo: qualunque cosa stesse facendo, lui si muoveva molleggiando sulle ginocchia sempre con la stessa velocità, sia che ci fosse urgenza nel fare le cose come no.
Ma il tratto distintivo più evidente di Ettore era la sua bontà. Una bontà d’animo genuina, originaria, incondizionata, pura. Qualche volta si arrabbiava, ma l’arrabbiatura gli passava con rapidità fulminea, sorprendente, come portata via da un colpo di vento. Un uomo sempre pronto ad aiutare chiunque con una disponibilità immediata, non calcolata. Ettore faceva parte di un gruppo di uomini di scuderia davvero indimenticabili: Renzo, Mondo, Gigi, Leandro, Aldo… e lui. Sembrava una squadra, ai tempi in cui gli uomini di scuderia non si chiamavano ancora groom e non erano i giovani professionisti super preparati di oggi. Tra tutti loro però lui è quello che ha lavorato più a lungo alla Scuola Padovana di Equitazione: quarant’anni. Davvero una vita…
Ettore si inorgogliva enormemente per due motivi in particolare. Il primo motivo erano i successi agonistici dei cavalli che gestiva lui in scuderia, e dei cavalieri che li montavano: li viveva come una cosa anche un po’ sua. Il secondo motivo era Gianni Nicolè, suo cugino. Gianni Nicolè e Albino Garbari sono ‘nati’ insieme alla Scuola Padovana di Equitazione negli anni Cinquanta. Poi si sono trasferiti entrambi a Roma per diventare due figure di fondamentale riferimento al Centro Equestre Federale dei Pratoni del Vivaro. Per Ettore, Gianni era l’orgoglio della famiglia: «Lo conosci Gianni Nicolè? È mio cugino… », diceva sempre.
Ettore era nato nel 1929. È morto la mattina del 15 marzo 2020, dunque a 91 anni. Ma non è morto per cause naturali e quindi per vecchiaia, no: l’ha ucciso il Coronavirus, questa maledizione che sta sconvolgendo la nostra vita, e che la vita di Ettore l’ha fatta finire con qualche anno o forse anche solo con qualche mese di anticipo. Comunque in anticipo.