IL PARADISO DI GIUSTINO CANTERI

di Umberto Martuscelli per FiseVeneto

Giustino Canteri è una di quelle persone che suscitano grande ammirazione per la loro concreta capacità del fare. Fare: poche parole e molti fatti. Fatti: avere un’idea e realizzarla. Realizzare: senza pause e ripensamenti. Oggi ammirando la bellezza e la funzionalità dello Sporting Club Paradiso a Caselle di Sommacampagna (Verona) viene difficile pensare che tutto sia partito da una stalla di mucche (“Bovine”, come le chiama lui). Eppure è così. Giustino Canteri prima da solo e poi con l’aiuto dei figli ha realizzato un capolavoro: senza mai fermarsi, mai, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno… E in questo cammino di costruzione, di progettazione, di realizzazione è impegnato oggi più di sempre…

Quando e come è nato il suo rapporto con i cavalli?
«Trent’anni fa cominciando a importare cavalli dai Paesi dell’est, anche arabi. Mi è nata così la passione di andare in passeggiata a cavallo la domenica, e da lì ho cominciato a pensare di fare un centro ippico».

Sì, ma il primo contatto come è avvenuto?
«Con una trottatrice, guidando il calesse. Poi anche a sella».

Ma chi l’ha avvicinata la prima volta: i suoi genitori?
«I miei genitori hanno sempre avuto cavalli. Avevano i campi di terra, e quindi i cavalli ci sono sempre stati. Io ero piccolo e me li sono sempre visti attorno, i cavalli, ho cominciato a montare che avevo cinque o sei anni. Poi avevo l’azienda agricola e quando ho avuto la possibilità e il tempo per anche montare allora mi sono preso il mio primo cavallo».

Lei dove è nato, dove è cresciuto?
«Tutto qui, in via Ceolara numero 4 a Caselle di Sommacampagna. Nasce tutto da qui. In realtà la mia famiglia è di origine montanara, ma da giovane mio papà è venuto giù, prima a San Massimo di Verona, poi ha comperato qui e qui siamo sempre rimasti. L’azienda agricola si è sviluppata qui, io avevo parecchie bovine, solo che poi è venuta avanti tutta la zona edificabile di fronte a me, hanno cominciato a fare case su case su case… e allora andare avanti con i bovini è stato sempre più difficile. Così a un certo punto ho preso la decisione definitiva: provo a fare un centro ippico. Che era la mia idea da tempo, in effetti».

E ha cominciato a costruire…
«Sì, un po’ alla volta, pian piano. Molto pian piano, in verità, perché non dimentichiamo che per realizzare l’ultima struttura ho dovuto aspettare undici anni per avere il permesso dal Comune… Comunque, una volta deciso ho smesso tutte le attività precedenti e mi sono dedicato solo a questa mia idea».

Quando è nato il centro ippico esattamente?
«Il centro ippico è nato nel 1992, i primi cavalli sono entrati il 20 maggio del 1992. In quel momento c’era solo un piccolo maneggino coperto che adesso è il tondino, e dove c’era la stalla delle bovine femmine, le giovenche diciamo, ho fatto le prime scuderie, una cinquantina di box».

E come era organizzato il centro ippico in quel momento?
«Avevo fatto un campo all’esterno, con un po’ di sabbia, così… allora non c’erano le esigenze di adesso, ogni sabbia andava bene purché non fosse proprio cemento. In realtà la prima cosa che ho fatto è stata l’impianto di irrigazione. Poi le scuderie… Ho fatto tutto io, dall’inizio alla fine. Come del resto anche tutti gli impianti successivi: abbiamo fatto tutto noi, io e mio figlio e un ragazzo che è qui con noi. Poi le cose si sono sviluppate. Abbiamo fatto il primo concorsino, nel 1993 abbiamo fatto il primo maneggio coperto vero e proprio, un 35 x 65, nel frattempo il 20 luglio del 1992 era arrivato qui il Pony Club Fiorello Scaligero che si era dovuto spostare perché dove era prima aveva avuto problemi con l’inceneritore, e abbiamo fatto due associazioni: il Pony Club Fiorello Scaligero e il Centro Ippico Paradiso. Il centro si è chiamato così fino al 2006, poi Sporting Club Paradiso, quindi Sporting Club Horse and Pony e Società Sportiva Paradiso».

Ma i suoi figli non hanno cominciato a montare a cavallo lì, però…
«No, infatti: prima ho portato le mie tre figlie in un centro che c’era qui in Valpolicella e che adesso non esiste più. Hanno fatto un po’ di lezioni lì».

Quindi lei ha quattro figli.
«Sì, tre femmine e un maschio. Le ragazze sono tutte e tre istruttrici: la più giovane, la Silvia, al massimo livello; la Mery è la più grande ed è istruttrice di primo livello e segretaria di concorso; poi la Sara che tiene tutta la contabilità del centro ed è istruttrice per i pony. Il più giovane è Mario, nato nel 1990: lui è un vero e proprio factotum, dà una mano a me, fa i trasporti, adesso fa anche il fotografo».

Tutti coinvolti a tempo pieno nella vita del centro ippico, dunque.
«Sì, tutti. Anche mia moglie: durante le manifestazioni lei si dedica alla cucina del ristorante, un ristorante attivo solo durante le manifestazioni per circa duecento persone. Lei e io ci siamo sposati nel 1979, quest’anno abbiamo fatto quarant’anni di matrimonio, io sono nato nel 1958 quindi mi sono sposato giovane… Comunque sì, siamo tutti impegnati nel nostro centro ippico: e c’è da fare in abbondanza per tutti, mi creda… se si vogliono fare le cose per bene il lavoro non manca mai. Durante le manifestazioni ovviamente abbiamo bisogno anche di personale esterno: altrimenti facciamo tutto da noi».

Sarà una gioia enorme vedere tutta la sua famiglia unita nell’attività creata da lei!
«Grande soddisfazione. Dico la verità. Se da ragazzo avessi pensato di realizzare tutto questo… mah, non so, mi sarebbe sembrato incredibile. Impossibile».

Deve essere il potere della passione…
«Ah sì, certo! Come ho detto, per realizzare l’ultimo progetto dentro il centro ippico ci ho messo undici anni, solo per avere i permessi… Solo la passione e la determinazione mi hanno fatto resistere…  prima o dopo ci riesco… prima o dopo ci riesco… continuavo a pensare, e non sto a dire la quantità di carte… e la quantità di soldi che mi hanno mangiato… Eppure sono andato avanti a testa bassa e alla fine ci sono riuscito. Dopo undici anni!».

E dire che un centro come il suo dovrebbe essere il fiore all’occhiello di tutta la zona…
«Sì, infatti adesso è una gioia anche per il comune: c’è utenza, ne beneficiano tutti, alberghi, ristoranti, pizzerie… ».

A proposito: economicamente parlando la gestione di un centro del genere non sarà semplicissima…
«Beh, diciamo che la gestione interamente familiare da questo punto di vista è un bene. Si vive, insomma… Il vantaggio di avere una gestione familiare è anche che al termine di ogni manifestazione tra noi sappiamo subito che cosa c’è da migliorare… Noi cerchiamo di migliorare sempre. Una delle cose che più mi fanno piacere è sentire i cavalieri dire che ogni volta che vengono qui trovano qualcosa di nuovo. In effetti facciamo grandi sforzi per migliorare continuamente: la gente lo capisce e viene qui volentieri, e questa è la più bella ricompensa per noi. L’anno scorso per esempio abbiamo cambiato tutta la sabbia sia nei campi scoperti sia in quelli coperti, e i risultati ci sono, si vedono».

Quante manifestazioni organizzate ogni anno?
«Tra concorsi di salto ostacoli A e B circa venticinque o ventisei all’anno. Poi facciamo due o tre concorsi di attacchi, e poi dressage. Abbiamo sempre una grande affluenza di cavalli, siamo molto contenti. Poi quest’anno abbiamo avuto la grande soddisfazione di ricevere dall’Anica la richiesta di fare il Campionato d’Europa, quello che si faceva in Fieracavalli… Hanno visto la struttura, il posto gli è piaciuto, me l’hanno chiesto e per me è stata una grande soddisfazione. Sarà l’ultima settimana di ottobre. Prima ho il Memorial Oscar Baldo e poi i cavalli arabi… ».

Non ha mai pensato di organizzare qualche concorso internazionale di salto ostacoli di alto livello? In Veneto manca da un bel po’ di tempo un evento del genere, escludendo la tappa di Coppa del Mondo di Verona.
«Eh sì… eh sì… Diciamo che ci stiamo già pensando per il 2021. Anche perché l’utenza arriva facilmente qui da me: abbiamo vicinissime due uscite dell’autostrada, le tangenziali che arrivano da Trento e da Vicenza, l’aeroporto è a 500 metri in linea d’aria e a sette chilometri c’è la stazione… ».

Accessi comodissimi.
«Infatti durante la settimana da noi si fermano regolarmente tre o quattro van per fare tappa anche di notte, sulla via nord-sud. Noi siamo proprio nel cuore di questa direttrice per chi dall’Italia va verso l’estero, o per chi dall’estero rientra».

C’è ancora qualcosa che le piacerebbe realizzare, qualche sogno nel cassetto?
«Eh sì… eh sì… eh sì… Sono ormai quattro anni che sto tentando di convincere i confinanti a vendermi o a darmi in affitto quindici o venti campi per allargarmi e mettere un po’ di ostacoli di campagna per fare un po’ di completo. Non lo penso a grossi livelli, ma a livello medio elementare, per i ragazzi, per la formazione dei giovani. Ecco il mio sogno per il futuro. È quattro anni che ci sto dietro, vediamo se prima o poi si decidono… Io sono fiducioso per parte mia, poi vedremo… Ma io non mollo: di solito i miei sogni li realizzo!».

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